Frost & Sullivan: il calo del petrolio non frena il solare

Il calo del prezzo del petrolio non frenerà gli impianti fotovoltaici. La previsione è della società di consulenza Frost & Sullivan. Secondo gli analisti della società, la produzione convenzionale di energia elettrica continuerà a dominare la capacità installata a livello globale, sebbene, rispetto a 4-5 anni fa, si preveda che gli investimenti nel gas e nelle energie rinnovabili aumenteranno con un tasso maggiore, a scapito di carbone e nucleare. «Poiché oggigiorno il petrolio è utilizzato per produrre solo il 5% dell’elettricità a livello globale, e in molti paesi la quota scende all’1% o meno, non è più considerato un’opzione valida per la produzione di energia elettrica», è il parere di Jonathan Robinson, consulente senior di Frost & Sullivan. «Per contro, il fotovoltaico solare è attualmente considerato la più interessante tra le tecnologie rinnovabili. Frost & Sullivan prevede che la capacità globale del fotovoltaico solare, pari a 93 gigawatt (GW) nel 2012, aumenterà fino a raggiungere 446 GW nel 2020, e che Cina, India e Nord America registreranno i tassi di crescita più elevati. Persino l’Europa, leader globale del fotovoltaico solare, vedrà raddoppiare la sua capacità entro il 2020, nonostante le riduzioni degli incentivi durante la crisi economica». Tuttavia, gli incentivi stanno diventando sempre meno importanti per una serie di mercati chiave per le energie rinnovabili. Ad esempio, il fotovoltaico solare commerciale nel Nord America sta diventando sempre più competitivo rispetto alla produzione centralizzata, nonostante la riduzione delle tariffe incentivanti. L’eolico offshore, d’altro canto, è ancora lontano dall’essere un’opzione percorribile senza incentivi. Molti stati degli Stati Uniti e paesi europei hanno obiettivi legalmente vincolanti per le energie rinnovabili, e sono sotto pressione per cercare di soddisfarli, fatto che sostiene la crescita delle energie rinnovabili.

Ciò nonostante, i carburanti convenzionali manterranno una posizione dominante a livello globale, poiché le economie in via di sviluppo in Africa e Asia continuano a fare affidamento sul carbone come elemento chiave per la produzione di energia elettrica. La Cina, che detiene il 45% della capacità di carbone a livello globale, continuerà a costruire impianti, sebbene la crescente preoccupazione dell’opinione pubblica riguardo ai livelli di inquinamento si tradurrà nel fatto che gli investimenti si sposteranno verso l’est della Cina e saranno inferiori ai livelli del decennio precedente. Invece, la Cina continuerà a investire nelle energie rinnovabili, ma anche nell’energia nucleare “carbon-free” (senza emissioni di carbonio).  fotovoltaico-tetto

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