Il piccolo esercito che prepara la svolta

«Il crollo atteso da molti non c’è stato. Negli anni della crisi abbiamo avuto il dominio di un solo processo, che ha impegnato ogni soggetto economico e sociale: la sopravvivenza». Il Censis è un centro studi che tutti gli anni si impegna a dipingere una sorta di affresco dell’Italia. Che il Paese possa cambiare da un anno all’altro, tanto da permettere al «pittore» Giuseppe De Rita di ritrarre una nazione da prospettive così differenti è dubbio. Quest’anno, però, le molte parole si rivelano tasselli di un puzzle che compone una figura a duo facce. Da una parte la voglia di ritrarsi nel nome della stabilità e della sopravvivenza. Insomma, il governo delle larghissime intese (ora un po’ più strette) che da due anni fa di necessità virtù. Un atteggiamento che ha contaminato non solo la politica, ma ha provocato un «adattamento continuato (spesso il puro galleggiamento) delle imprese e delle famiglie», sostiene il Censis. «Abbiamo fatto tesoro di ciò che restava nella cultura collettiva dei valori acquisiti nello sviluppo passato (lo scheletro contadino, l’imprenditorialità artigiana, l’internazionalizzazione su base mercantile), abbiamo fatto conto sulla capacità collettiva di riorientare i propri comportamenti (misura, sobrietà, autocontrollo), abbiamo sviluppato la propensione a riposizionare gli interessi (nelle strategie aziendali come in quelle familiari)». Insomma, le imprese hanno cercato di sopravvivere facendo tesoro della capacità di sopportare, di tirare avanti, con un moto di conserva.

Questo atteggiamento, quello della politica e quello dell’economia reale, non ha portato, secondo il Centro studi, a un grande risultato: «Siamo malcontenti, quasi infelici, perché viviamo un grande, inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali». Ma non tutto è perduto. Con un po’ di sorpresa ci sono i germi di un risveglio: «Quel fervore che ha fatto da sale alchemico ai tanti mondi vitali che hanno operato come motori dello sviluppo degli ultimi decenni si intravede, tuttavia, nella lenta emersione di processi e soggetti di sviluppo che consentirebbero di andare oltre la sopravvivenza. Si registra una sempre più attiva responsabilità imprenditoriale femminile (nell’agroalimentare, nel turismo, nel terziario di relazione), l’iniziativa degli stranieri, la presa in carico di impulsi imprenditoriali da parte del territorio, la dinamicità delle centinaia di migliaia di italiani che studiano e/o lavorano all’estero (sono più di 1 milione le famiglie che hanno almeno un proprio componente in tale condizione) e che possono contribuire al formarsi di una Italia attiva nella grande platea della globalizzazione». Insomma, se il Censis mostra la fotografia di un’Italia grigia, inviluppata su se stessa, allo stesso tempo registra sul suo speciale contatore Geiger una reattività inaspettata e promettente. Non tutto è perduto. Ma la svolta arriverà da chi si non si è già arreso.  

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