La burocrazia come la malaria

Buone e cattive notizie. Sembra che, finalmente, sia aumentata la sensibilità nei confronti della camicia di forza burocratica che soffoca il cammino delle imprese. Il Parlamento ha appena dato semaforo verde al primo passo (ma arriveranno fino in fondo?), cioè la soppressione del Durt, il Documento unico di regolarità tributaria. In commissione i deputati hanno poi avanzato la proposta di esonero dall’obbligo di presentare il Durc in caso di lavori privati in edilizia realizzati direttamente in economia dal proprietario dell’immobile. Più snelle anche le verifiche sulle attrezzature aziendali: la prima andrà effettuata entro 45 giorni dall’Inail, altrimenti il datore di lavoro potrà ricorrere ad altri soggetti pubblici o privati abilitati. La lotta alle burocrazie, insomma, sembra sulla buona strada. Ma dovrà sempre fare i conti con un nemico: i burocrati.

Non si tratta di una battaglia facile. Secondo il rapporto annuale dell’Osservatorio sui Costi del non fare, di Agici-Bocconi, quest’anno il peso delle burocrazie (più giusto utilizzare il plurale) ammonterà a circa 470 miliardi di euro. È, più precisamente, il costo per la mancata realizzazione di opere prioritarie di qui al 2017. Lo studio tiene conto di numerose categorie di costi, non solo degli aspetti strettamente economici. Un esempio: quando British Gas ha deciso di cancellare il progetto del rigassificatore a Brindisi, il territorio e l’Italia intera non hanno perso solo un investimento diretto di 800 milioni di euro, ma anche l’occasione di un’infrastruttura. Insomma, la burocrazia ha anche un costo sociale oltre a quello legato alla singola opera. Quello dell’energia, tra i tanti aspetti, è forse il più delicato. L’Italia è alla continua ricerca di una maggiore efficienza, perché l’elettricità costa più cara che altrove. Rispetto a un’impresa tedesca, le aziende italiane pagano il 30% in più. Allo stesso tempo, quello energetico è uno dei settori più imbrigliati dai legacci della burocrazia e dall’effetto Nimby (sigla che sta per Not in my backyard, cioè non nel mio cortile). Su 354 investimenti bloccati nel 2012, 222 opere riguardano il comparto elettrico. L’ultimo caso, il passo indietro annunciato a Taranto da Enipower, è solo un’ulteriore conferma. Attenzione, però: la litigiosità permanente non provoca burocrazia solo da parte dei cittadini. Anche le massime autorità politiche ci mettono del loro. Da quando la riforma della Costituzione ha fissato le «competenze concorrenti» fra Stato e Regioni, Governo centrale e Governatori locali si sono affrontati per 1.647 volte alla Corte costituzionale. A queste battaglie è stato dedicato il 36% delle pronunce della Consulta, che nel 52,5% dei casi ha dato ragione al Governo. Anche questo vuol dire generare burocrazie, ritardi, aspettative. Forse è un male endemico dell’Italia, come in Africa la malaria.

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