Un incentivo per salvare l’Italia

Giugno è un mese di cambiamenti. Molti, troppi forse per un settore in crisi e in forte deficit come quello dell’edilizia e delle costruzioni, un settore trainante per l’economia ma che, in questa fase congiunturale, sconta oltre ai problemi generali di natura economica e finanziaria, anche ritardi strategici nella promozione di una nuova vera visione industriale del settore, da giocarsi sull’innovazione costruttiva e sul miglioramento dell’intera filiera. Giugno è il mese nel quale cambierà la normativa di gestione dei condomini, un mercato che coinvolge 1 milione di edifici, 14 milioni di alloggi e 13 milioni di altre unità immobiliari commerciali e direzionali. Ma è anche il mese nel quale verranno prorogati a dicembre gli incentivi al 50% per le ristrutturazioni edilizie e nel quale l’ecobonus sarà portato dal 55% al 65%. Ma temporaneamente e senza possibilità di ulteriori proroghe al 31 dicembre 2013 (30 giugno 2014 per i condomini). In realtà, come prevede la norma, gli incentivi in termini di detrazioni fiscali non verranno eliminati del tutto, ma torneranno al regime standard del 36%, un regime abbastanza conviente, ma non abbastanza e non sufficientemente per poter da un lato riavviare un mercato in forte crisi, da un altro lato per poter avviare, finalmente nel nostro paese, quella politica di rottamazione della città della quale si parla da anni ma che, per vari motivi, compresa la crisi, ancora non si vede all’orizzonte. Eppure le necessità di intervento sono molto rilevanti, se consideriamo che le abitazioni sono le responsabili del 45% dell’energia consumata e che gli obiettivi posti dall’Italia per il 2020 sono molto consistenti e, senza adeguate azioni di sistema, sarà difficile raggiungerli. Da quando gli incentivi per le ristrutturazioni sono stati promossi, nel lontano 1998, si è sempre cercato di evidenziare che perché avessero effettivo successo, ovvero appetibilità presso i potenziali utilizzatori, la percentuale di detrazione fiscale dovesse essere elevata, associata ad un basso regime di IVA. Nella prima versione le detrazioni fiscali furono fissate al 41% con l’IVA fissata al 20%. E nonostante tutto il successo della norma fu tale che venne prorogato per anni. Ma poi la percentuale di detrazione fu portata al 36% e, nonostante la riduzione, l’utilizzo dello strumento di incentivazione per la ristrutturazione delle abitazioni ha continuato a funzionare, con notevoli effetti positivi sul mercato, come peraltro evidenziano i dati dell’Agenzia delle Entrate. Il recente, e purtroppo troppo corto, periodo di azione del “combinato disposto” dato dal passaggio al 50% delle detrazioni con l’IVA sulle ristrutturazioni al 10%, ha avuto anch’esso alcuni positivi effetti anticongiunturali, ma non ha potuto esprimere tutta la sua potenzialità a causa della situazione economica generale e della scarsa fiducia delle famiglie agli investimenti, comprese quelle che dispongono di liquidità necessaria. Per cui, anche se il recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate – in risposta ad un interpello di Anie, presentato 6 mesi prima – sulla possibilità anche per il fotovoltaico di godere della detrazione fiscale del 50%, alternativa al conto energia e abbinata allo scambio sul posto, ha definitivamente aperto ad una potenziale nuova stagione per un settore che sugli incentivi ha giocato tutta la sua partita di successo in questi anni, in ogni caso il tempo per sfruttare questi incentivi e queste opportunità è comunque molto poco. E soprattutto è molto limitato, troppo limitato, per i tempi dell’edilizia e della programmazione delle attività delle imprese. Ma se si volesse effettivamente e strutturalmente, come sarebbe necessario, avviare una vera politica di riqualificazione energetica delle nostre abitazioni, ovvero del parco residenziale, ma si potrebbe anche pensare al parco non residenziale, serve pensare con i tempi dell’edilizia e non con i tempi di altri settori industriali. Affrontare finalmente l’edilizia come un vero e proprio settore industriale organizzato su filiere complesse e notevoli indotti produttivi, sia in termini di prodotti che di servizi, significa capirne non solo la struttura, ma comprenderne i tempi di avvio e di realizzazione dei processi produttivi, che sono lenti e lunghi e derivano molto spesso da lungaggini e tempi burocratici non sempre adeguati alle stesse esigenze di intervento delle imprese. Il problema più rilevante, in questa fase di “limbo” politico ed economico, è proprio la mancanza di strategie e di documenti programmatici di lungo periodo, con relativi appoggi e supporti normativi, che possano dare al settore spiragli di crescita e di ripresa. Gli incentivi sono uno strumento operativo effettivamente dirompente, se prorogati con adeguate tempistiche di utilizzazione. Non certo sei mesi o un anno, ma almeno un periodo biennale. Ovvero il tempo classico di una operazione edilizia. Purtroppo manca questa visione strategica e programmatica. Il Governo Monti l’ha tentata con la SEN, la Strategia energetica nazionale, che poteva essere uno strumento veramente utile per dare sistematicità ad azioni che, negli ultimi quindici anni, sono state promosse principalmente a colpi di emendamenti e di provvedimenti spot, guidate spesso dalla logica dell’emergenza o dell’interesse particolare e quasi mai da una visione di medio-lungo periodo. Se su una priorità importante come la strategia energetica nazionale non siamo in grado di conciliare effettivamente gli interessi della riduzione dei consumi, dell’efficientamento, del mercato che su questi settori investe con gli obiettivi di riduzione del costo dell’energia e con gli obiettivi ambientali europei, sembrerebbe difficile pensare che si possa proporre una strategia di vera rottamazione delle nostre città. Peraltro il tentativo fatto con il “piano città” ha portato a produrre oltre 400 programmi nelle città e premiarne pochissimi con le scarse risorse messe a disposizione. Se le risorse sono scarse, meglio usare il sistema degli incentivi e della defiscalizzazione. Dare sistematicità è fondamentale in questa fase. Incentivare l’economia del riuso e del recupero, del rinnovo e dell’innovazione in edilizia è strategico. Soprattutto in questi tempi di crisi e di incertezze.

 

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