Imbuti

Per vedere il nuovo ci vogliono occhi nuovi, recita un vecchio adagio. Si può sempre provare con la trasmissione dell’esperienza, orientata all’innovazione

“La rivendita edile non deve diventare l’imbuto dell’innovazione”. Sento e annoto questa frase durante un convegno e, premesso che l’imbuto non è un tappo e che eventualmente rallenta ma non blocca, la frase è chiara, leggendola fra le righe: quando l’innovazione varca la soglia dei magazzini edili, generalmente si ferma, fa la fila e aspetta il suo turno, un turno che potrebbe anche non arrivare. Sono diversi i modelli di imbuto che è possibile trovare all’interno delle rivendite edili. Uno dei più gettonati è “l’imbuto del tempo”, ovvero: non ho tempo per ascoltare le tue proposte, frase che di questi tempi è purtroppo quantomeno bizzarra. Poi c’è “l’imbuto della non domanda”: sì, è interessante, ma non me lo chiedono. Quindi, passiamo all’”imbuto della consuetudine”: sono vent’anni che vendo questo prodotto e mi sono sempre trovato bene. Fra gli altri modelli segnalo l’”imbuto sentimentale”, più o meno: se prendo questo prodotto devo dare una delusione al mio amico agente e sai, ci conosciamo da trent’anni. Fra i più impenitenti c’è “l’imbuto della pigrizia”: io compro i tuoi prodotti se tu mi porti i clienti. Se un produttore deve anche cercare i clienti al rivenditore, poi non lamentiamoci se i prodotti glieli vende direttamente, ma ci può stare in un’ottica di partnership reale, a condizione che il rivenditore si impegni con la formazione tecnica e poi vada avanti da solo, magari tenendo un po’ di prodotti in magazzino. Una sorta di benevola spintarella. Passiamo poi all’”’imbuto della non trasparenza”: è corretto chiedere assistenza tecnica a un produttore e se poi arriva il concorrente che quel tipo di consulenza non è in grado di offrirtela, ma offre un prezzo minore, si acquista da lui?. Sempre più demodé è invece l’”imbuto della furbizia” : si chiede un prezzo a un fornitore concorrente per poi far abbassare quello del proprio fornitore. “L’imbuto della chiaroveggenza”, non avendo una visione precisa delle prospettive, il rivenditore aspetta segnali dal mercato. Quando arrivano per lui è troppo tardi. Il problema, ne siamo tutti coscienti, è di educazione imprenditoriale e il nuovo mercato si attende in realtà ben altri comportamenti. Possiamo anche tranquillamente buttare nella raccolta differenziata tutti questi imbuti, perché forse non bloccano ma certamente ci penalizzano. Che un nuovo prodotto faccia fatica a entrare in una rivendita edile è storia vecchia che comunque si ripete, infatti le strategie dei produttori sono cambiate, almeno per molti di loro. A nulla, o a poco, serve riempire i magazzini, una operazione che, fra l’altro, è sempre più complessa. L’unica strada è quella di coinvolgere il rivenditore, ma soprattutto il suo cliente, verso una sorta di scuola pratica in cantiere, perché il nostro mondo, checché se dica, è quello della pratica; la teoria, paradossalmente, si acquisisce lavorando. Anche in questo caso, la volontà del distributore è fondamentale, ma se non ci si apre a una relazione basata sulla trasmissione dell’esperienza, a tutti i livelli, è difficile riuscire ad avere una presenza attiva nel nuovo mercato. Gli imbuti ce li siamo costruiti in anni di mercato favorevole, in anni di legislazioni sconclusionate che non arrivavano mai ai regolamenti attuativi, in anni di assurdo menefreghismo non solo verso l’innovazione, ma anche solo verso l’idea che le cose potessero cambiare. Ma non è andata così: sotto la spinta dell’opinione pubblica che ha cominciato a chiedere che cosa veniva messo nei muri per isolare, che ha cominciato a pretendere abitazioni sane, che non è più disposta a tollerare bollette energetiche da paura oggi siamo tutti un po’ impauriti, non tanto perché manchino i lavori o perché i fatturati calano, ma perché non riusciamo a cambiare la rotta della nostra azienda, gli imbuti fanno parte della nostra cultura, e capiamo che il mercato ci scappa di mano, perché le opportunità ci sono. Ma questa situazione ci può davvero aiutare a migliorare, se guardiamo il mercato da una prospettiva diversa, e non dal collo stretto e appannato di un imbuto.

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