Sopraelevazione: condominio a tutto volume

La sopraelevazione di un edificio rappresenta un diritto sancito dal Codice civile. Ma non sempre. Infatti, si tratta di una pratica abbastanza semplice per le abitazioni monofamiliari, per gli immobili condominiali, nonostante le potenzialità delle norme, l’aumento di volume in altezza ha una complessità realizzativa data dai regolamenti e dalle scelte delle assemblee. Per esempio, la Regione Lazio prevede che anche un ampliamento del 20% della superficie (somma delle superfici di tutte le unità immobiliari) debba essere fatto in accordo tra tutti i condomini secondo un progetto unitario, rendendo quindi molto più articolata e complessa la procedura di applicazione.

Giungla di norme

Poiché ogni regione e comune tratta a suo modo le procedure e i pareri da adottare e dunque non esiste una norma uniforme né a livello nazionale, né a livello locale, ci si deve confrontare con la specificità del caso. Dando per scontato che i calcoli strutturali, le analisi previsionali e le opere realizzate siano tutte a regola d’arte (anche se il recente caso del crollo del palazzo a Roma dovrebbe far pensare al contrario e spingere ad agire in modo prudente), la sopraelevazione si inserisce in ogni caso all’interno di norme disciplinata dall’articolo 1127 del Codice civile, il quale, al comma 1° attribuisce al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio o al proprietario esclusivo del lastrico solare la possibilità di elevare nuovi piani o corpi edificati, anche in assenza di permesso degli altri condomini, ma a fronte di un indennizzo economico da attribuire agli stessi. Questo, comunque, è possibile solo quando l’opera non è in contrasto con gli strumenti urbanistici locali, il contratto d’acquisto lo conceda e il regolamento condominiale non ne vieti espressamente l’opera, condizione superabile solo a patto che tutti i condomini decidano di permettere i lavori.Sopraelevazione

Prima la sicurezza

Il tema della sopraelevazione dunque è prima un tema normativo e di regolamenti, che un tema progettuale e realizzativo. Al Comune, che ha il compito di mantenere la città in uno stato di decoro, di compatibilità urbanistica e di uniformità edilizio-architettonica generale, spetta comunque l’ultima parola, attraverso la concessione edilizia. Dunque, si può fare? Dipende. La sopraelevazione non è mai ammessa quando minaccia la stabilità o la sicurezza del fabbricato e il divieto va inteso non soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso o l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Non a caso il nuovo regolamento edilizio del Comune di Milano ha introdotto l’obbligo della verifica statica e del relativo certificato per gli immobili entro i 50 anni dalla data del primo collaudo.

Turbamenti estetici

Altro tema importante è il rispetto dell’aspetto architettonico dell’edificio. L’adozione nella parte sopraelevata di uno stile diverso da quello della parte preesistente comporta normalmente il venir meno del diritto e può comportare la possibilità da parte degli altri condòmini di chiedere la riduzione in ripristino e il risarcimento per gli eventuali danni subiti (azione che si prescrive però nell’arco di 20 anni). I condòmini possono altresì opporsi alla sopraelevazione o a un’eventuale rimozione anche in seguito a una diminuzione sensibile di aria o luce ai piani sottostanti. Il diritto di sopraelevazione rimane inoltre subordinato al rispetto della distanza legale fra le costruzioni e al rispetto delle norme contenute nel regolamento edilizio comunale. Inoltre, i costi legati al rispetto delle norme in materia di sicurezza in contesti condominiali riescono ad arrivare in alcuni casi al 40% complessivo dell’opera finita. Insomma, se la sopraelevazione può rappresentare un’opportunità per il condòmino che ne ha diritto, si scontra spesso con costi elevati, procedure complesse e contorte e potenziali contenziosi con gli altri condomini.

 

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