Quando la casa ti fa ammalare…

Già 10 anni fa l’Organizzazione mondiale della sanità aveva evidenziato che ambienti insalubri mettono a rischio il futuro delle nuove generazioni: i bambini sono più vulnerabili degli adulti rispetto alle patologie che ambienti di vita insalubri possono causare.

 

Secondo gli studi dell’Oms, i rischi ambientali possono causare fino al 33% delle malattie presenti in tutto il mondo e il 40% di queste colpisce i bambini al di sotto dei cinque anni di età. E visto che rappresentano il 10% della popolazione mondiale, il dato non è trascurabile. Sempre secondo l’Oms, in Europa i bambini, ma anche gli adulti, sono a rischio di esposizione di ben oltre 15mila composti
chimici
, dall’inquinamento atmosferico (sia in luoghi chiusi che all’aperto) ai contaminanti presenti nell’acqua, negli alimenti, nei giocattoli.

 

Nelle abitazioni l’inquinamento, come l’eventuale presenza di radon e di microparticelle dovute alle attività di combustione delle caldaie installate internamente, si somma e si amplifica. Associando la presenza di queste sostanze a quella di scarso isolamento termico e ai tanti ponti termici presenti nelle nostre costruzioni, specie di quelle del passato (ma non sono infrequenti anche in realizzazioni recenti), questi ambienti insalubri producono muffe e altri agenti in grado di avere effetti negativi per la salute, dalle allergie all’asma, da disturbi dello sviluppo neurologico a malattie e patologie anche più gravi.

 

Allergie e asma sono particolarmente rilevanti, perché patologie multifattoriali che dipendono da una complessa interazione tra geni e ambiente. Tra il 1980 e il 2000 in Europa la prevalenza dei sintomi dell’asma nei bambini è aumentata del 200% e in Italia uno studio del Cnr ha evidenziato che la presenza dei sintomi di questa patologia è quasi raddoppiata nell’ultimo decennio, colpendo un bambino su quattro. Altre cause patogene riguardano modifiche climatiche, che hanno portato ad allungare la presenza di pollini nell’aria di oltre dieci giorni nell’arco degli ultimi 30 anni.

 

Ambienti malsani, esposizione ai pollini, inquinamento, fumo passivo, presenza di micro particolato aerodisperso, muffe… Le conseguenze sulla salute dovute a pessime o mediocri condizioni abitative, che incidono negativamente in termini di necessità di assistenza sanitaria e in una generale diminuzione della produttività e, soprattutto, della qualità della vita, rappresentano un tema non solo di indagini a livello sanitario, ma anche un campo di ricerca, sperimentazione e promozione di soluzioni e proposte di intervento atte a mitigare o risolvere questi problemi.

 

Un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità pubblicato nel 2011, Environmental burden of disease associated with inadeguate housing, analizza le cause e evidenzia alcuni rimedi che andrebbero presi nei confronti di tali situazioni. I ricercatori dell’Oms hanno analizzato edifici insalubri ed insicuri e hanno calcolato una serie di indicatori relativi alle situazioni di rischio. Il quadro che emerge è particolarmente allarmante.

 

Qualche esempio. Nelle abitazioni il rumore causato dal traffico stradale ha ripercussioni negative sui sistemi nervoso gastrointestinale, immunosoppressivo e cardiovascolare. Il sovraffollamento abitativo, dove presente, favorisce la diffusione di malattie, in particolar modo quelle respiratorie dovute ai virus. La presenza di gas radon è un fattore che dovrebbe essere valutato nelle nuove costruzioni, specie in aree sismiche, perché in alcuni contesti è particolarmente elevato e nelle abitazioni raramente vi sono vespai aerati.

 

Le muffe indoor e l’umidità sono le principali cause dell’asma e case che presentano assenza di ventilazione. Sia case tradizionali che quelle passive o a energia quasi zero, dovrebbero essere dotate di sistemi di ventilazione meccanica controllata (Vmc) adeguati al fine di avere ricambio d’aria e umidità costante e controllata all’interno. Il fumo passivo domestico è una delle cause più rilevanti nell’insorgenza di affezioni alle vie respiratorie e senza un adeguato ricambio d’aria può essere molto dannoso per la salute. L’utilizzo di combustibili solidi per la cucina o per il riscaldamento mediante fiamme libere o stufe e forni, non adeguatamente ventilati, e in abitazioni con scarsa aerazione produce alte concentrazioni di agenti inquinanti aerei come il particolato aerodisperso (PM10 e PM2,5) e il monossido di carbonio.

 

Le conseguenze sono legate a molte patologie broncopolmonari, sia in adulti che bambini. Le basse temperature indoor di alcune case malsane, poco isolate termicamente, con forti dispersioni e assenza o presenza carente di sistemi di riscaldamento, riducono non solo il benessere ambientale, ma inducono l’insorgere di varie malattie dovute agli sbalzi termici. L’inquinamento indoor dovuto a formaldeidi e al piombo presente in vernici e altri prodotti per edilizia causa a lungo andare problemi a livello cognitivo, evolutivo, neurologico, comportamentale, cardiovascolare. Non vanno poi
dimenticate le patologie legate alla presenza di monossido di carbonio.

 

Infine, i ricercatori dell’Oms hanno evidenziato che abitazioni insalubri possono indurre a situazioni di stress cronico, che si manifesta attraverso ansia e depressione. A tutte queste patologie vanno poi associati tutti gli incidenti domestici dovuti al poco comfort abitativo. L’Oms ha calcolato che i disagi psicofisici dovuti alla permanenza in edifici insalubri ed insicuri ammontano a circa il 40% dei costi sociali complessivi, senza considerare quelli indiretti dovuti all’improduttività per assenza dai luoghi di lavoro.

 

Anche in Italia molti studi hanno analizzato questi fenomeni, tra i quali alcuni dell’Università di Parma e del Politecnico di Milano, i quali hanno evidenziato la presenza di una specifica Sick Building Syndrome (Sindrome dell’edificio malato), che pur non generando danni irreparabili alla salute dell’uomo ne può condizionare anche fortemente la produttività, e delle Building Related Illnesses.

 

Alcune amministrazioni comunali sono attente alle valutazioni della salubrità delle abitazioni pubbliche, con studi e analisi di dettaglio sul proprio patrimonio. E i dati e le valutazioni concordano con i valori riportati dall’Oms, che sprona in questo senso ad una migliore igiene applicata all’ambiente, sia esterno sia confinato, in cui l’uomo vive le varie fasi della sua esistenza. Scopo dell’Organizzazione è promuovere politiche in grado di realizzare condizioni nelle quali si possa raggiungere e mantenere lo stato di salute ottimale, definito come «completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo assenza di malattia».

 

Considerando che passiamo l’80% della nostra vita in luoghi chiusi, siano abitazioni o uffici, la qualità dell’aria, il benessere e il comfort diventano elementi imprescindibili per la nostra vita. Una recente ricerca della sezione Giovani costruttori dell’Ance di Padova ha peraltro dimostrato che le famiglie oggi inseriscono il comfort e il benessere quali fattori strategici nelle scelte abitative, al pari del risparmio energetico e dell’isolamento termico e acustico. Ma se comfort e benessere in qualche modo sono elementi che sono sempre stati al centro dell’attenzione, anche se associati spesso all’utilizzazione di soluzioni o prodotti più costosi di quelli tradizionali, per la salubrità e la risoluzione dei problemi legati alle patologie che sono presenti nelle nostre case ma delle quali spesso non ci accorgiamo, è necessario fare un salto di scala, inserendo anche quest’ultima come uno dei fattori irrinunciabili per lo sviluppo di una edilizia di qualità.

 

La tecnologia e lo sviluppo dei materiali oggi hanno reso le soluzioni in grado di rispondere in modo più competitivo a questa domanda, sia nella nuova costruzione sia nel recupero. Ed è forse in questo ambito che le nostre imprese devono concentrarsi. C’è molto da fare, ma le potenzialità sono molto elevate, soprattutto pensando alle stime sulle patologie dovute all’insalubrità e sui relativi costi sociali dell’Oms e al fatto che almeno il 20% del nostro patrimonio edificato è in mediocre o pessimo stato di conservazione. Numeri che esprimono, più di qualsiasi altra considerazione, l’urgenza di questa nuova sfida.

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